Venerdì 9 ottobre alle 5,45 si sono presentati una cinquantina di celer-caramba-pulisman per eseguire lo sgombero di Atlantide, lo spazio sociale di porta Santo Stefano, antistante il circolo anarchico Camillo Berneri, che da 17 anni era occupato e che si era sempre più caratterizzato come una delle esperienze sociali autogestite della città. Atlantide – queer - era abitata da molti anni da trans-femministe-lesbiche-gay-punk e ha prodotto in città innumerevoli iniziativa di lotta e di crescita collettiva. Genere ma non solo: dalla lotta antifascista allo sciopero sociale.
I collettivi che compongono l’arcipelago atlantideo sono attraversati e attraversano innumerevoli iniziative bolognesi e non solo.
Come dicono le Atlantidee:
<< […] uno spazio autogestito da 17 anni da femministe, lesbiche, trans, gay e punk, un pezzo di cuore per migliaia di persone che lì trovavano una socialità non mercificata e non normata dall’eterosessualità obbligatoria e da pregiudizi razzisti, classisti, e una pratica politica per cercare vie d’uscita collettive dalla precarietà, dall’isolamento, dalla paura. Uno spazio relativamente piccolo, ma che significa molto e che è in rete con tanti collettivi, spazi sociali e associazioni in città, in Italia e nel mondo.
Forse chi ha pensato di sacrificarlo ai propri giochi elettorali ha sottovalutato l’effetto farfalla: un battito di ciglia di una manciata di froce a Porta Santo Stefano ha prodotto una crisi nella politica cittadina e un’ondata di solidarietà debordante. […]>>
La vicenda si trascinava da anni – ne avevamo già parlato su UN – perché le realtà sociali atlantidee si erano sottratte alla normalizzazione degli spazi sociali e, diventando “non convenzionali” (cioè rifiutando la prassi consociativa e clientelare delle convenzioni), entravano in conflitto con le istituzioni cittadine. In particolare con Ilaria Giorgetti, presidente in quota PdL con impronta clerico-fascista, del quartiere Santo Stefano. La presidente ha fatto il diavolo a quattro per liberarsi dell’incomoda presenza. Ma la lotta e la solidarietà che si era sviluppata (sia in città che a livello nazionale-internazionale) avevano messo le mire della presidente nell’angolo. La Giorgetti si era dovuta ingoiare l’occupazione del quartiere per impedire un raduno di Forza Nuova, la chiusura della sede di Casa Pound (dopo due anni di lotta serrata) e la resistenza di Atlantide.
In questi frangenti Porta Santo Stefano si era dimostrata una porta liberata. Le iniziative comuni con il circolo anarchico Berneri permettevano di occupare tutti gli spazi della porta, della via e della piazza adiacente.
Ma la pervicace Giorgetti alla fine l’ha spuntata (almeno per il momento): forte dell’appoggio del cognato, Maurizio Sacconi, ha messo nell’angolo il sindaco di Bologna Virginio Merola, oggi soprannominato Mer(d)ola o Muro/la. Il prode sindaco bolognese che si distingue come inabile passacarte della prefettura e della procura bolognesi si è visto “costretto” a ripristinare la legalità pendendo sulla sua testa una denuncia che la pretura aveva annunciato a mezzo stampa.
L’ultimatum scadeva martedì 6 ottobre ma la mobilitazione immediata di gran parte del movimento bolognese scongiurava una sgombero immediato. Nei giorni successivi si sono moltiplicate le iniziative di solidarietà e di denuncia delle responsabilità politiche, producendo la revoca delle deleghe e di conseguenza il dimissionamento dell’assessore alla cultura Alberto Ronchi (il poliziotto buono) e una “minaccia” di crisi della giunta da parte dei capigruppo di SEL.
Ma l’irrilevanza della politica bolognese si è immediatamente palesata: da Roma Renzi che ha disperato bisogno dell’appoggio di Sacconi, ha decretato come la “legalità andasse ripristinata”,
cosa che la sbirraglia mista ha provveduto ad eseguire il 9 ottobre erigendo un muro della vergogna, modello ungherese, davanti alla porta di Atlantide.
Il presidio presente non è intervenuto, come concordato nelle assemblee pubbliche dei giorni precedenti, sanzionando semplicemente l’operato e dando massima pubblicità all’evento.
La strategia lanciata dalle Atlantidee e condensata nello slogan (hashtag) #atlantideovunque.
La rivendicazione, cioè, di uno spazio pubblico, autogestito, non mercificato, non convenzionale, che non vuole fare il pinkwashing a nessun politico, dove riprendere, in serenità, tutti i progetti ed i percorsi che con fatica avevano preso forma e consistenza.
Su questo percorso l’intero movimento bolognese ha dato solidarietà e partecipazione per supportare Atlantide. Allo stesso movimento rimane però il compito di non lasciare all’abbandono un spazio che da 17 anni era, appunto, pubblico, autogestito, non mercificato, non convenzionale.
Anche perché le nubi si addensano all’orizzonte. Dopo gli innumervoli sgomberi della primavera-estate è annuncio di questi giorni la volontà della prode Giorgetti di far mettere sotto sequestro giudiziario la caserma Masini che da un paio d’anni è occupata e partecipata dall’esperienza del La Bas. La canea reazionaria sta anche conducendo una campagna per lo sgombero delle occupazioni abitative (in gran parte di migranti e rifugiati): Via Fioravanti, Via Irnerio, Via Toscana, Via XXI Aprile, Via Mura di Porta Galliera, Via Mario de Maria, Via Solferino.
Mentre per gli spazi sociali prefettura e questura possono agire indisturbate, per le occupazioni abitative il comune prende tempo cercando di ricollocare le famiglie in altri locali anche della provincia.
Nel pomeriggio di sabato 10 ottobre una colorita e folta manifestazione si è concentrata a porta Santo Stefano dove il circolo Berneri ha fatto, come in tutte queste settimane, da base logistica, per poi sfilare lungo le vie del centro andando fino a porta Saragozza dove, una volta, c’era il “Cassero gay”, anche questo occupato e fatto sgomberare dei clerico-fascisiti di Caffarra, Casini, Galletti, Bignami, etc ai quali oggi sono ancorati personaggi come Sacconi o la Giorgetti.
Alle prossime settimane per la cronaca degli sviluppi.
RedB